
Fra le interviste che ho potuto registrare durante la 66a Mostra del Cinema di Venezia, quella a George A. Romero era una di quelle che aspettavo con più impazienza. Avevo avuto modo di incontrarlo già una volta, svariati anni fa, ma il film di cui avevamo parlato, "La metà oscura", per quanto non spregevole era ben lungi dall'avere la ricchezza tematica di qualsiasi capitolo della sua ormai quarantennale saga dei morti viventi.
Nonostante il suo tardivo ritorno al tema, con "La terra dei morti viventi", si fosse dimostrato non proprio all'altezza delle aspettative prodotte dalla straordinaria trilogia iniziale ("La notte dei morti viventi", "Zombi" e "Il giorno degli zombi"), il successivo "Diary of the Dead" aveva di nuovo raccolto reazioni fra l'interessato e l'entusiastico. E questo "Survival of the Dead" - più un sequel di "Diary" che un sesto capitolo della serie - suonava particolarmente intrigante anche per il fatto di essere il primo film di zombi ad essere accolto nella selezione ufficiale di Venezia.

Accolto dal pubblico festivaliero con gradimento anche se forse senza eccessivi entusiasmi, "Survival" è lungi dall'essere un film perfetto, e non si candida certo a insidiare le prime posizioni di una ideale classifica della serie... ma pullula di idee intriganti e di variazioni sul tema che promettono per i prossimi film sviluppi particolarmente suggestivi. Di alcuni dei quali Romero è riuscito a parlarmi nei pochi minuti di conversazione che i tempi scannati della Mostra ci hanno consentito, a cominciare da un taglio western addirittura sorprendente.

I generi cinematografici hanno quasi sempre notevoli potenzialità metaforiche, soprattutto quando sono codificati come il western e l'orrore. Come ti è venuta l'idea di farli scontrare e ricombinarli in "Survival of the Dead"?
Non saprei, a volte cogli le idee al volo. Facendo questo film abbiamo avuto molta libertà - ho avuto la possibilità di dire "ehi, diamogli un po' di sapore western" e non è arrivato nessuno a dire "no!". Sono sempre alla ricerca di qualcosa che possa dare ai miei film un taglio leggermente diverso. È vero che i generi dovrebbero essere usati come metafore ma, sfortunatamente, molto spesso non lo sono... Io cerco sempre di farlo, di trovare qualche elemento sottotraccia che mi aiuti a mettere a fuoco il tema del film. Molto frequentemente vedo che gli altri registi non lo fanno. Per quanto riguarda le possibilità metaforiche degli zombi e del western, immagino che qualche connessione ci sia, lì... e ne ho parlato con lo scenografo e il montatore... ma non è che abbiamo lavorato consapevolmente puntando a quello. Avevamo location eccezionali e, parlando con la costumista, le ho detto: "Andiamo sul western, facciamo di questi tipi dei cowboy". Alla fine questo lavoro è anche divertirsi... e avere la possibilità di dire "facciamolo così o facciamolo cosà". Perché questi sono film indipendenti e posso farli mantenendo il controllo. Nel bene e, a volte, nel male! (ride)

Pur con molte eccezioni, il western tende generalmente verso l'individualismo, mentre i suoi zombi hanno sempre avuto una valenza rivoluzionaria, esprimendo il cambiamento e la trasformazione. In questo film, i personaggi più legati al western si sforzano di conservare lo status quo a qualsiasi costo, nonostante uno scenario di portata apocalittica.

Proprio questa mi è parsa la metafora più interessante del film. Fin dai tempi di "Zombi", ci viene mostrato come, al di là della ricerca del cibo, i morti viventi cerchino di continuare a fare da morti quello che erano abituati a fare da vivi. In questo film, quello che continuano a fare è spararsi addosso - lo si vede nell'ultimissima inquadratura del film. Mi è parso interessante che l'espressione della vacuità di gran parte delle attività umane, qui, si concentri soprattutto sull'inutilità del combattersi a vicenda.
È proprio il tema del film: persone che combattono fra loro fino alla morte e anche dopo. (ride) Il tema è questo. I protagonisti si recano su un'isoletta pensando che lì saranno più al sicuro, e invece sull'isola trovano questi due clan che sono costantemente... che si fanno la guerra da sempre. E non si fermano.

Poco fa hai accennato all'importanza di aver realizzato questo film in modo indipendente, un po' come era accaduto per il primo titolo della serie. Cosa è cambiato, in quarant'anni, nel girare un film lontano dal controllo delle grandi major?

Verso la fine del film, dopo che alcuni protagonisti si sono sforzati di insegnare ai morti viventi a nutrirsi di carne non umana, gli zombi sbranano un cavallo. A parte il fatto che lo sviluppo sembra aprire la porta a un ulteriore capitolo, la novità abbatte un ulteriore muro di divisione fra morti viventi ed esseri umani normali. Nel momento in cui gli zombi, oltre a proseguire da morti le loro attività originali, mangiano carne non umana... quale è ormai la differenza?

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